NOTE SULL'IDEOLOGIA LIBERALE E L'ATTUALE LESSICO POLITICO

GIALLO-ROSSO E VERDONE

NOTE SULL'IDEOLOGIA LIBERALE E L'ATTUALE LESSICO POLITICO


di Emiliano Alessandroni (Università di Urbino - Redattore di "Marxismo Oggi" e membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano)


Era il 2015 quando Luciano Canfora, in un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano affermava quanto segue:


    “Il PD è da tempo un partito di centro e il centro da sempre ha una vocazione trasformista”. D'altronde, continuava, “la crisi del socialismo reale nel 1989-1991 [ha fatto] entrare in crisi anche le socialdemocrazie europee” .


Eppure in questi giorni è la grande stampa a parlare di un governo giallo-ROSSO, scatenando l'indignazione di quelle anime che nel PD vedono tutto fuorché un partito di sinistra .


La grande stampa, però, non è impazzita come alcuni credono. Semplicemente impiega un linguaggio consono alla propria ideologia, a quelle formae mentis che sono il riflesso della fase storica che stiamo attraversando.


In Occidente in generale (salvo rare eccezioni), e in Italia in modo particolare, sono oramai ridotti ai minimi termini, quando non scomparsi, i partiti politici che si richiamano esplicitamente alla lezione di Marx.


Svaniti o fortemente in crisi, come ebbe a notare Canfora, sono anche i partiti socialdemocratici che, per quanto si sforzino di sopravvivere o talvolta di darsi nuove vesti, vengono sistematicamente risucchiati dal vortice del liberalismo.


Quest'ultimo invece, dal canto suo, occupa oramai l'intero spazio politico. E l'ideologia liberale si distingue dal marxismo per almeno due aspetti fondamentali: 1) non riconosce l'esistenza di un conflitto fra capitale e lavoro; 2) non riconosce l'esistenza di un conflitto fra propensioni imperialiste e spinte antimperialiste.


A ben vedere per molti militanti di questi partiti liberali, le categorie di cui sopra, non sono soltanto desuete: esse, ai loro occhi, non hanno mai avuto una vera e propria legittimità. Non l'hanno avuta per spiegare i fenomeni storici e sociali del passato e meno che mai quelli del presente.


Il risultato? Che ogni qual volta si manifesta un conflitto fra capitale e lavoro questi partiti tendono a schierarsi dalla parte del capitale e ogni qual volta si apre un conflitto fra forze imperialiste e forze antimperialiste essi tendono a schierarsi con le prime (o quantomeno ad assecondarle).


Tra questi partiti cambia però l'ideologia: alcuni di loro sono liberal-democratici, altri sono liberal-conservatori, altri ancora costituiscono un assemblaggio tra queste forme.


Occorre tener presente che il liberalismo in quanto tale è affetto da eurocentrismo e ha una venatura razzista di cui non riesce facilmente a liberarsi.

Ricordiamo che John Locke era azionista della Royal African Company e che nei primi 32 anni di vita degli Stati Uniti tutti i più illustri Presidenti (tra cui George Washington e Thomas Jefferson) erano proprietari di schiavi neri.


Le forze liberal-democratiche odierne, però, sono forze liberali che hanno introiettato elementi della democrazia moderna, ovvero elementi derivati dall'incontro-scontro con il movimento operaio e con il mondo socialista.


Le forze liberal-conservatrici sono forze che da questo incontro-scontro hanno introiettato meno elementi, che guardano con favore al liberalismo degli albori e cancellerebbero volentieri tutte le conquiste che sono state portate dalla tradizione giacobino-bolscevica. Cancellerebbero senza remore, se potessero, sia la Rivoluzione d'Ottobre che la Rivoluzione Francese.


Ben comprendiamo allora che la lotta tra i diversi partiti liberali costituisce oggi una lotta per una ridefinizione dei confini dello “spazio sacro” (in cui ammettere i principi di libertà, tolleranza e solidarietà) e di quelli dello “spazio profano” (che va trattato soltanto con la brutalità della violenza in quanto identificato come mondo barbaro, da sopprimere o dominare, da escludere in ogni caso dal perimetro aureo della “civiltà” - la narrazione liberal-democratica preferisce oggi sostituire la dicotomia “civiltà”-”barbarie” o "Occidente"-"Oriente" con quella “democrazia”-”dittatura”).


Ora, per la grande stampa, tutto ciò che fuoriesce dall'orizzonte del liberalismo è il nulla e non va neppure preso in considerazione. Ecco allora che quando si parla di destra e sinistra, i media dell'Occidente danno per scontato che si sta parlando di destra e sinistra liberali, giacché un fuori-dal-liberalismo è per loro impensabile o, quando lo fosse, sarebbe da relegare all'interno dello “spazio profano”.


Fare l'eco a questo uso dei termini significa però replicare l'ideologia liberale che gli sta alla base. Significa accettare implicitamente l'orizzonte del liberalismo come un orizzonte invalicabile.


Per riportare un po' di chiarezza nel discorso politico e non restare vittime inconsapevoli dell'ideologia imperante (che forgia e usa i termini a propria immagine e somiglianza) quando si parla di “sinistra” sarebbe forse il caso di distinguere tra “sinistra marxista”, “sinistra socialdemocratica” e “sinistra liberale”


Sarebbe inoltre il caso di considerare che negli ultimi decenni il potere attrattivo del liberalismo ha svolto una funzione catalizzatrice molto maggiore di quello della cultura di sinistra. Una “sinistra liberale”, vale a dire, proprio in quanto liberale, tende a fare concessioni più volentieri a una “destra liberale” che a una “sinistra socialdemocratica” o a una “sinistra marxista”.


È anche da qui che possiamo prendere le mosse per rispondere a quel quesito che, ad ogni piè sospinto, ritorna continuamente nel dibattito pubblico e suscita, al solo domandarselo, l'ira di molti elettori: perché la sinistra non si unisce?


Ed è sempre da qui che possiamo prendere le mosse anche per capire che cosa si intende in Occidente quando i partiti parlano di “cambiamento”: si tratta, ogni volta, di cambiamenti circoscritti, mai radicali, che restano sempre interni all'orizzonte liberale e alle compatibilità sistemiche.


Nessuna Aufhebung si prospetta infatti oggi, nel mondo euroatlantico, del sistema vigente e del liberalismo.

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